domenica 31 gennaio 2010

Ancora cioccolato e sale? - I grissini di Paoletta


[Hum sì, la prima foto è un tentativo di imitare - senza reflex e con zero luce - la foto di Paoletta... Pardon, zero idee alternative! :P]

Aniceecannella... Aniceecannella mi piace. Non l'accostamento di spezie (ho comprato da poco l'anice, più che altro incuriosita da morire di sentirne l'odore... Verdetto: Bleeeeh!! E poi, perché nei ghiaccioli - unico cibo in cui l'avessi "odorato" prima - lo fanno AZZURRO?! Ho capito, che bisogna distinguerlo dagli altri, ma una botta di colorante di un blu alieno ed ingiustificato così, mi smazza alquanto! E fatelo marroncino, color anice, no?... Ah giusto, che poi si confonde con quello alla coca-cola. Eh si sarà capito... NON MI PIACE l'anice! Complice forse una sambuca perforante che, ad una festa in cui ho avuto la malaugurata idea di assaggiarne due dita, mi ha costretta sul divano del padrone di casa in preda a visioni mistiche per il resto della serata. Ti odio, sambuca, te e tutto ciò che ti concerne. Con buona pace della Foca Fuca. Per la cannella, niente da dire, anzi :P), ma ovviamente l'omonimo e celeberrimo blog.
Per me significa principalmente... Il paradiso dei lievitati. Sospiro sui suoi maritozzi, sui buns, sulle brioches col tuppo (che tante granite cioccolato e panna mi hanno allietato nelle lunghe estati a Vizzini), ma anche sulle pizze, sulle focacce, sui crackerini, e ovviamente sui grissini al cioccolato!


Momento patetico

Eh sì, io di lievitati non so niente, ma niente niente eh. Mio papà aveva un lievito madre donatogli da un amico, quindi era lui che sfornava pani su pani, che faceva i rinfreschi e quant'altro.
Poche settimane fa il lievito magico è morto.
Mi sono sentita proprio male, un po' in colpa per la scarsa attenzione che in vita gli avevo dedicato.
Da allora ho cominciato (virtualmente, almeno) a nutrire un'insana passione nei confronti di lievitati di ogni tipo. Voglio imparare. Voglio profumo di lievito e di farina, quell'odorino un po' acido della pasta cruda. Voglio recuperare il tempo perduto con la buonanima pasta acida di mio papà.
Ho provato anche a rifarla, la pasta madre, ma si è solo spatasciata inerme sul fondo del barattolo in cui l'avevo piazzata, esangue. Nun ne vuole sape' di alzarsi e fare i buchini.
Ho sofferto anche di questo.
Quindi, ho iniziato ad optare per il classico lievito in bustina o in panetti. E, timidamente, ci si prova, con no-knead bread (quelli mi riescono! :P E già è un primo passo, gggiusto??), rotoli di pasta brioches che non lievitano, pani al mais marmorei. Pian piano. Mi ci diverto parecchio, sebbene i risultati finora non siano granché apprezzabili :D Ma abbiate fiducia, migliorerò!
Dopo un anno e mezzo di intensi pasticciamenti dolci, sento il bisogno di sperimentare, di cambiare, di mettermi alla prova con qualcosa di impegnativo, che ti si può ribellare sotto le mani, che si gonfia e si smollacchia come gli pare, che è capriccioso e bisognoso di cure e di calduccio (istinto materno prematuro?): IL LIEVITATO.
Ve ne metterò a parte quando mi verranno cose decenti, ovvio :P Quindi per il momento...... Vi presento questi grissini!

Fine momento patetico


...i quali grissini ce li ho fissi in testa da giugno, da quando Paoletta li ha pubblicati.
Grissini. I grissini... non ci farei follie insomma, spesso al ristorante sono troppo fini e completamente insapori, bleh.
Ma a volte sono cicciotti, col sale in superficie e col rosmarino. Così mi piacciono da morire, me ne faccio fuori anche due pacchetti prima che arrivi la pizza!
E quelli di Paoletta sembravano così... Ma col cioccolato!!!! Perfetto, no?
Vederli e immaginarli cosparsi di sale grosso è stato un attimo, per me - principalmente perché quelli senza sale grosso non mi hanno mai ispirato. Poi cioccolato e sale... Da quando, la scorsa primavera, sono stata al festival della cioccolata a Modica, e in un banchetto mi hanno fatto assaggiare un quadratino di porosa cioccolata di Modica con dentro non so quale esotico sale, questo abbinamento mi ha conquistata.
Quindi, al tempo ho lasciato un commento a Paoletta riguardo questa mia intenzione di farli al sale.
Qualche giorno dopo, tornando a sospirare sui grissini, ho visto la sua risposta:

"@ marina, ma che idea fantastica, grazieeeeeeeeeeeeeeeeeeeee :-O
è meraviglioso quando dire la vostra!!"

Oh, queste semplici parole mi hanno stampato un sorrisone in faccia! :D
Cioè, io pensavo fosse un'idea banalissima... Penso sempre che la gente così brava in cucina, come Paoletta, di sicuro ci ha già pensato, a 'sti abbinamenti, e che magari sono stati scartati perché, maddài, 'sta cosa ha rotto.....
E insomma, pare di no!! Quindi bisognava pur farli...
Ma io sono io, e otto mesi has been passed.
Ieri, non so perché, mi sono trovata in cucina a sciogliere il lievito nell'acqua (nella ricetta non è specificato, io ho presunto si dovesse fare così?...), a pesare la farina, a tagliuzzare il cioccolato in pezzi piiiicoli piccoli piccoli.
Ed eccoli qui. Buonissimi.
...Del sale ho avvisato tutti gli assaggiatori quando ormai il grissino era già in procinto di essere spezzato dai loro incisivi, quindi, nonostante la diffidenza, sono stati costretti a deglutire.
Smorfia preoccupata. Sguardo stupito. Verso indefinito: "Mmmh!". Gesto di assenso col capo. Mano che si muove ad afferrare un secondo grissino.

Unico appunto: il sale grosso l'ho aggiunto quando i grissini erano appena stati stesi sulla teglia, prima della seconda lievitazione. Ne ho messo T A N T I S S I M O, mi sembrava non si attaccasse! Risultato: una volta cotti, erano praticamente ricoperti da una crosta di sale. Di conseguenza, alle 3 di notte mi sono ritrovata a grattare via 2/3 del sale con l'unghia del pollice (perché non con un coltello? Non saprei dirlo, erano le 3 di notte.), che ora è praticamente scorticata (ahi). Quindi andateci piano :P
Altra cosa: io li ho dovuti cuocere parecchio più di Paoletta ed Edy: direi un quarto d'ora, più due minuti di ventilato per renderli croccanti! Forse perché con 1/3 della dose ho stracolmato la mia teglia, quindi i grissini erano uno appiccicato all'altro e non riuscivano a cuocere lateralmente.
In ogni caso, PERFETTI, croccanti, cioccolatosi, salati. Proprio come li volevo. Grazie davvero Paoletta :) ed Edy, che ha condiviso la ricetta del suo gentile panettiere!
Ah, nei commenti al post di Paoletta ho letto che qualcuno li mangerebbe col salame...
Oggi a pranzo sono andati via in modalità nature, assieme al dolce (una mousse..... Al cioccolato :P Quella avanzata da questi!)

In casa ci siamo divertiti molto con questi grissini:
giocandoci a shangai...

...usandoli come sigari da mafioso/cowboy/coccodrillodundee (o mega stuzzicadenti, non si capisce)...


...o semplicemente mangiandoli! :P
Bon apetì, come diceva Julia Child :)

[Grazie Silvà per aver fungiuto da modello]

giovedì 28 gennaio 2010

Mini entremets cioccolato, caramello al sale rosa e banana



...e arachidi salate caramellate.

Loooo so, loooo so: da infarto. :P Per questo sono tortini piiiicccccoli piccoli. E vi assicuro che li spazzolerete, questi tortini piccoli piccoli. Vogliamo vedere perché?

Iniziamo dal fondant au chocolat della base. Un'esplosione di cioccolato fondente amarissimo, con sopra una spruzzata di sale rosa dell'Himalaya e qualche arachide salata caramellata.
Il tutto è amaro, sì, per niente dolce, ma morbido, morrrbido e avvolgente. Un gusto profondo e senza mezzi termini. Che esige di essere ingentilito. Intanto, mettiamo sopra ad ogni base una rondella di banana larga circa un centrimetro e mezzo. Poi si vede.

Passiamo oltre. Più precisamente, al secondo piano. Alla mousse. Caramello al sale rosa, cioccolato al latte, banana. Eccessivamente dolce, direte.
E no. Sbagliato. A parte che, si sa, il caramello, quando arriva ad essere marroncino - non bruciato eh, intendo quel marroncino nocciola - è quasi amaro. Poi. Il caramello al sale. Ma sapete che miracolo fa, questo sale qui, dentro al caramello? Ok, se siete passati da Grom al momento giusto lo sapete. Non si corre il rischio che sia stucchevole, un caramello corretto al sale. Questo no.
Pensate poi ad un abbinamento giocoso, infantile, immediato. Caramello-banana. Suona, no? Eh sì, che suona. (Per il procediemto del caramello alla banana mi sono ispirata a quello di Eryn.)
Cosa manca? Ah sì, il cioccolato al latte. Caramello e cioccolato al latte. C'è bisogno di dire altro? Caramello, BANANA e cioccolato al latte. Be', il paradiso, mi pare.
Nessuno di questi abbinamenti è originale e/o spiazzante, ma queste cose buone, assieme, sono spaziali. Mi sono limitata ad accostarle. Sono connubi semplici, ludici, bambineschi. E per questo deliziosi. Il tutto arricchito dal sale, che controbilancia perfettamente la dolcezza del cioccolato e il profumo pieno della banana.
Vi ho presentato gli ingredienti di questa mousse. Passiamo alla consistenza. Una nuvoletta soffice, piena di alveoli. Come possiamo immaginare sia la consistenza di una nuvola, appunto, per un bambino che sogna di mangiarsela. (Voi non sognavate di mangiarvi le nuvole? Io sì. Credevo fossero molto dolci e morbide. E' stata dura venire a sapere la realtà.)

Infine. Il topping. Una semplicissima salsa di cioccolato al latte sciolto nella panna, con dentro pezzetti di arachide pralinata. ...Neanche qui ho potuto resistere: non si poteva. Avreste fatto lo stesso. Un altro pizzico - un accenno appena percettibile - di sale rosa.
Ve-lo-assicuro. Il gusto è cambiato da così a così. Si è ribaltato totalmente, ha preso corpo, carattere. Un carattere peperino e frizzante.
Se dovessi scegliere una cosa di questo dolce, vi direi: "Prendete un po' di ottimo cioccolato al latte, scioglietelo nella panna o nel latte, e grattugiateci sopra del sale rosa." Non vi dico come mangiarlo poi, se caldo sopra un pezzo di pane, se solidificato per fare da frosting a biscotti o cupcakes, tanto è inutile: lo leccherete senza ritegno dalla ciotolina in cui l'avete sciolto, fino a renderla linda e scintillante. Potrei scommetterci le mie fruste elettriche.

Ricapitolando: prendiamo la nostra elegante forchettina da dolce. Affondiamo nella salsa in superficie, trascinando in questa precipitosa discesa un paio di pezzetti di arachide pralinata. Proseguiamo dentro la nuvoletta di mousse con facilità, incontriamo la solidità del pezzo di banana e le arachidi croccanti sulla superficie del fondant, e infine lei, la base, solida ma al contempo cedevole. Robusta con una nota accogliente, come una vecchia signora dall'apparenza burbera ma col cuore gentile.
Poi assaggiamo, e tutto questo finalmente è lì sul nostro palato ad esplodere di sapore: la salsa morbidissima, quasi liquida, le arachidi scrocchianti, la mousse-nuvoletta, la banana untuosa, il fondant morbido e compatto.

Ok. Mi rendo conto che quello qui sopra sembra un attacco di megalomanìa in fase culminante.
E' così? Non ve lo so dire. Di certo sono stata molto fiera di me, quando mi sono concessa una forchettina di questo dolce. D'altro canto, come già detto, questi accostamenti sono stra collaudati e usati da anni nel mondo della pasticceria, quindi non mi sono inventata niente di nuovo.
In ogni caso, provatelo. Giuro: merita. Non potrete lasciare in pace nemmeno una briciolina di fondant, nemmeno un pezzettino di mousse, nemmeno una gocciolina di salsa: dovrete spazzolare via tutto, spinti da un dèmone goloso che vi accenderà lo sguardo. Tal risultato è stato scientificamente testato nell'arco di quattro ore su cinque soggetti diversi.

...Quasi superfluo, dopo 'sta po' po' di presentazione tendente all'esaltato-schizzato, specificare che questa ricetta partecipa alla raccolta di Deleciously "...da leccarsi le dita!".



FONDANT AU CHOCOLAT ET SEL ROSE (x una tortiera di 21-22 cm. di diametro - da cui si ricavano 4 entremets di 10 cm. di diametro)

4 uova
150 g cioccolato fondente al 70% di pasta di cacao
100 g zucchero semolato
40 g farina 00
200 g burro
1 cucchiaio cacao amaro
1 cucchiaino sale rosa dell'Himalaya (o fleur de sel)
qualche arachide salata caramellata

Scaldare le uova nel microonde a potenza minima per 12 secondi (o a bagnomaria) finché non sono leggermente tiepide. Unire lo zucchero e sbattere per circa un minuto con una frusta a mano finché non è ben amalgamato.
Sciogliere al microonde, o, al solito, a bagnomaria il burro e il cioccolato. Lasciar freddare bene, poi unire alle uova.
Setacciare la farina e il cacao nel composto ed incorporare delicatamente.
Versare nello stampo (apribile) col fondo foderato di carta forno (incastrata chiudendoci sopra i bordi) e le pareti imburrate e infarinate (o cosparse di cacao). Distribuire in superficie il cucchiaino di sale e qualche arachide caramellata (vedi sotto).
Infornare a 170° (forno statico) per 20 minuti. Quando si infila uno stecchino in mezzo al dolce, deve uscire con ancora della pasta cruda attaccata. Solidificherà in frigo, dove lo metterete quando si sarà freddato. Far riposare in frigo per una notte.



ARACHIDI CARAMELLATE O PRALINATE

Per la base ho fatto delle arachidi caramellate. Basta sciogliere lo zucchero in caramello in un pentolino piccolo, unirvi le arachidi (tostate e salate) e mescolare. Poi versare su un piano di marmo, far freddare e infine spezzettare.
Invece, nella salsa al cioccolato al latte (giù giù giù in fondo al post) ho tritato grossolanamente al coltello delle arachidi pralinate comprate al supermercato (mea culpa! Ma sono rimasta troppo folgorata nel trovarmele davanti in un supermercatino di campagna grande quanto un cortile di condominio - leggi: angusto -, proprio quando avevo deciso di usarle in questo dolce. Quindi le ho prese) e poi salate leggermente da me, ma si possono fare in casa (mio zio fa delle mandorle pralinate da urlo, ma stupidamente non ho mai guardato attentamente come procede). Qui una ricetta. Usate arachidi già tostate e salate, mi raccomando - quelle del supermercato, insomma.
Saranno una bomba col pralinato in superficie. ;)
Come me, potete usare entrambi i tipi di arachidi, o l'uno o l'altra, o quelle al naturale (se le trovate!), o semplicemente quelle tostate e salate. Dipende dai gusti.



MOUSSE CON CARAMELLO AL SALE ROSA, CIOCCOLATO AL LATTE E BANANA (è una dose abbondante, io ci ho fatto 2 piccoli entremets di 10 cm. di diametro e 5-6 bicchierini)

80 g banana
60 g zucchero
50 g panna liquida + 25 g latte
pochissimo burro (un pezzetto di 1x2x2 cm.)
1 cucchiaino sale rosa dell'Himalaya
60 g cioccolato al latte finissimo
225 g panna montata
2 uova intere montate
6 g gelatina

Frullare la banana con la panna liquida e il latte fino ad ottenere una purea liscia (io l'ho passata anche col frullatore ad immersione, sisammai).
Temperare la gelatina lasciandola nell'acqua fredda.
Montare i 225 g di panna fredda e mettere subito in frigo.
Fare il caramello facendo sciogliere lo zucchero senza mescolare in un pentolino dai bordi alti. Quando comincia a brunire spostare lo zucchero non ancora caramellato verso i bordi del pentolino, finché non è ben sciolto e di un ambra intenso.
Contemporaneamente, bollire la purea di banana (occhio che brucia facilmente).
Togliere dal fuoco il caramello, versarci sopra la purea di banana facendo attenzione ai possibili schizzi, poi sale, burro e cioccolato. Rimettere sul fuoco basso mescolando per pochi minuti, finché non diventa leggermente spessa.
Togliere dal fuoco, unire la gelatina strizzata e mescolare finché non si scioglie.
Dopo un paio di minuti, porre il pentolino dentro ad una ciotola piena d'acqua ghiacciata e mescolare finché non raffredda.
Scaldate le uova per 12 secondi nel microonde (o a bagnomaria per pochissimo tempo) a intensità minima finché non sono a temperatura ambiente-tiepidine. Montarle con le fruste elettriche per circa 12-15 minuti, o fino a quando non diventano chiare e compatte, quasi della consistenza dell'albume montato.
Prendere la chantilly dal frigo ed unirla delicatamente in più riprese, con una spatola di plastica.
Infine, incorporare le uova montate con ancora più attenzione, poco per volta, senza mescolare troppo per non smontare il composto.



SALSA CIOCCOLATO AL LATTE E ARACHIDI PRALINATE (x 4 piccoli entremets - quella che avanza si mangia "al cucchiaio" :P)

80 g cioccolato al latte finissimo
100 g panna liquida
arachidi pralinate a pezzettini (vedi sopra - su su su) a piacere
un pizzichino sale rosa dell'Himalaya

Scaldare al microonde la panna in un recipiente adatto finché è ben calda. Unire il cioccolato a pezzetti e mescolare finché non si scioglie. Aggiungere un po' di pezzetti di arachidi salate pralinate ed il pizzichino di sale.
Far freddare prima a temperatura ambiente e poi in frigo prima di usare.



COMPOSIZIONE


Io ho fatto degli entremets piccoli piccoli, ma nulla vieta di fare una torta grande. In quel caso, basta rivestire con dell'acetato tagliato nelle dimensioni del vostro stampo (ovvero altezza dell'anello da pasticceria e lunghezza uguale alla circonferenza della torta) (l'acetato lo trovate anche in cartoleria, e in fogli grandi se siete fortunati - io non sono fortunata e ho dovuto ingraffettare assieme tanti piccoli fogli di acetato) un anello da pasticceria regolabile e porvi dentro il fondant dopo la notte in frigo.
Se si vuole, mettere qualche rondella di banana sul fondo (nell'esperimento, come si vede dalla foto, le banane le avevo caramellate... Come su per le arachidi: fare un caramello dorato sciogliendo lo zucchero in un padellino, unire le banane, mescolare, rigirare e ritirare dal fuoco. Salarle, manco a dirlo. :P Stavolta ho preferito non caramellarle e metterle così, al naturale. Entrambi i metodi sono buoni).
Poi versare la mousse, far freddare circa 12 ore e rimuovere l'anello e l'acetato. Versare la salsa al cioccolato e decorare con qualche altra arachide salata pralinata fatta a pezzetti.


Per i piccoli entremets il procedimento è molto simile.
Dopo la notte in frigo, usare 4 coppapasta di metallo tondi e coi bordi lisci, alti ca. 4,5 cm. e con un diametro di 8-10 cm., per tagliare le basi dei nostri dolcetti. Gli avanzi di fondant sono certa che non verranno buttati... :)

Poi, come per la torta, foderare l'interno dei coppapasta con un rettangolo di acetato alto quanto lo stampino e lungo quanto la sua circonferenza. Adagiare sul fondo di ogni coppapasta una base di fondant e una rondella di banana alta 1 cm. e mezzo (come sopra, se si vuole si può caramellarle ed eventualmente salarle).

Una volta che la mousse è pronta, versarla sopra alle basi di fondant e mettere in frigo per circa 6 ore (io ho fatto una notte). Togliere coppapasta e acetato, mettere ogni dolcetto nel suo piattino e versare sulla superficie la salsa al cioccolato al latte ancora abbastanza liquida. Decorare con pezzetti di arachide pralinata salata.


Da ricordare: per ricavare fette perfette dalla torta intera, ma anche per dividere a metà i piccoli entremets, non dimenticatevi di bagnare la lama del coltello (liscia!) nell'acqua calda ad ogni taglio.

mercoledì 27 gennaio 2010

Non dimentichiamo - Biscotti makowiec con semi di papavero, mela e cannella



"Dopo che i Trenta, miserabili e sicofanti qual erano, giunsero al potere, proclamando che era necessario purificare la città dagli ingiusti e che i restanti cittadini si volgessero alla virtù e alla giustizia, pur dicendolo, non avevano il coraggio di farlo. Infatti Teognide e Pisone dicevano dinanzi ai Trenta riguardo ai meteci che alcuni erano avversi al governo e che era un ottimo pretesto per fingere di punirli, in realtà per arricchirsi; che la città era allo stremo e che il governo aveva bisogno di denaro.
E non difficilmente persuasero i loro ascoltatori: infatti per loro non contava nulla uccidere la gente, ma contava molto prendere il loro denaro. Sembrò dunque loro opportuno ucciderne dieci, e tra questi due poveri, per avere una scusa davanti all'opinione pubblica, che cioè non per denaro si prendevano quei provvedimenti, ma che erano utili allo Stato, come se avessero fatto secondo un nobile criterio qualcuna di queste azioni."

Lisia, "Contro Eratostene". Traduzione tratta da Oceanclub.



Ciò che ho scritto non è in alcun modo esauriente, né perfettamente calzante. Millennio che vai, sterminio che trovi. I meteci, nell'Atene del 404 a.C., furono derubati e uccisi a causa delle loro ricchezze.
Gli ebrei forse anche per questo, come dicono alcune teorie che vedono nella crisi economica tedesca un sostanzioso contributo all'antisemitismo nazista, ma di certo ciò che è successo non è successo solo per questo. C'è stato qualcosa di glaciale e al tempo stesso animalesco, in quel che è accaduto al popolo ebraico durante la seconda guerra mondiale. Qualcosa che non so definire, che non so descrivere. Perciò mi sono affidata alle parole di Lisia, per circoscrivere almeno una minuscola parte dell'assurdità che è stata.


Non credo di capirne abbastanza per dire altro, perciò passiamo alla ricetta, un omaggio alla pasticceria askenazita.



Il makowiec, la brioche arrotolata con il ripieno di semi di papavero, è qui realizzato in forma di biscotti, quindi con la pasta frolla al posto della pasta lievitata.
Mi sono balzati in mente dopo aver tentato senza successo di fare il makowiec originario - l'impasto non ha lievitato per niente e mi sono ritrovata dei rotoli durissimi che sembravano biscotti.
Molto meglio questa versione che ora vi propongo. :P Sono deliziosi, davvero, il ripieno è una bomba di sapore, molto particolare e speziato (sembra davvero quello dei rotoli ai semi di papavero che si gusta da Sacha Finkelsztajn - di cui presto parlerò!...), sottolineato e non scavalcato dalla frolla leggerissima e croccante alla cannella.
Il ripieno è ispirato a quello del Libro del cavolo, adattato secondo i miei gusti (niente uvetta, dose di zucchero e miele diminuita drasticamente, aggiunta di mela e di cannella - la cannella fa polacco, no? :P).
La pasta frolla originaria viene da Giallozafferano, ho semplicemente aggiunto cannella e scorza di limone per dare profumo ad una frolla abbastanza neutra, povera di zuccheri e di grassi. Poi vi lascio la mia variante con una piccolissima parte di strutto, anche se temo la cosa non piacerà. :P (Leggere sotto negli ingredienti :) )



PASTA FROLLA (x 18 biscottini)

125 g farina 00
37,5 g zucchero a velo
1/2 uovo (ho sbattuto un uovo finché non è stato più vischioso e ne ho pesato la metà)
25 g burro + 15 g strutto (o 40 g burro) (allora, 'sto strutto. Può non piacere - e a me non piace, sono ancora traumatizzata dalla Montblanc Pavlova -, ma è un ingrediente tipico della cucina dell'Europa orientale, e ci sta. Ok, sinceramente io non l'ho messo, ma un'altra volta l'ho fatto e vi assicuro: quando è cotto, lo strutto dà alla frolla un gusto unico. In senso positivo :P. Comunque credo ci sia un po' di pregiudizio diffuso nei confronti di questo povero ingrediente della cucina di una volta. Non dimentichiamo che con lo strutto si prepara la torta sbrisolona, ma anche i cannoli, le brioches siciliane col tuppo, la cuddura cull'ova pasqualina (chiamata U Panareddu a Caltagirone)! Qui si parla di questo grasso bistrattato. Prometto, d'ora in poi mi impegnerò in prima persona per vincere la fobia nei confronti del puzzolente strutto.)
1/2 cucchiaino sale
q.b. acqua
1 cucchiaino e 1/2 cannella
la scorza grattugiata di 1/4 di limone

Tagliare a pezzi piccoli burro e strutto freddi, e mescolarli alla farina e allo zucchero (setacciati) + scorza grattugiata del limone + cannella dentro ad una ciotola, sfregando tra le dita a formare tante briciole. Unire l'uovo ed amalgamare. Aggiungere acqua solo fino a formare un impasto non sabbioso, senza lavorare troppo la pasta (altrimenti i grassi si scioglieranno).
Stendere in un rettangolo spesso 3 mm., stretto e lungo (scusate, non ho preso le misure esatte, ho fatto ad occhio). Spalmare con l'impasto freddo (vedi sotto). Arrotolare la pasta frolla con attenzione dal lato lungo, poggiare il rotolino su un vassoio e mettere in frigo per 2 ore.



RIPIENO SEMI DI PAPAVERO, MELA, CANNELLA E LIMONE

65 g semi di papavero
45 g di zucchero semolato (secondo i miei gusti potrebbero essere ancora meno - 35 g)
1 cucchiaio di miele (ho usato quello d'acacia) (se preferite, 1 cucchiaio e 1/2, ma secondo me è troppo)
0,5 dl latte
40 g mela tagliata a pezzetti piccolissimi + succo di 1/2 limone
buccia di 1/2 limone
1 cucchiaino e 1/2 di cannella
1 cucchiaino estratto naturale di vaniglia

Mettere la mela tagliuzzata assieme al succo di limone in un tegamino e lasciar stufare finché la mela non si è ammorbidita (all'incirca 10-12 minuti). Lasciar freddare.
Tritare i semi di papavero nel blender a lungo finché non formano una pasta alquanto secca.
Bollire latte e zucchero, togliere dal fuoco, unire i semi di papavero (a questo punto ho dato un colpetto di frullatore ad immersione - il mio blender è pessimo ed erano rimasti tanti semini interi) e la mela stufata. Far bollire pochi minuti.
Allontanare dal calore, aggiungere il miele e la scorza di limone e lasciar freddare.
Poi spalmare sulla pasta frolla come descritto prima, e porre il tutto in frigo per due ore.

Trascorso questo tempo, tagliare dei cilindretti spessi 5 mm. Avrei dovuto provare il metodo del filo di nylon (dicono che con quello si dovrebbe tagliare pure il cheesecake), infatti col coltello ho fatto un mezzo pastrocchio :P
Rimettere in frigo i biscottini per un'ora e mezza - due.
Scaldare il forno a 150° C e cuocere per 15 minuti.
Conservare in scatole di latta.

martedì 26 gennaio 2010

Cena (simil)cinese? Chez muà!




Ieri sera cena con gli amici più stretti e mio fratello da me. I miei non sono a casa (complice una settimana bianca a ciaspolare), = mia mamma non brontolerà se spignatto tutto il giorno (e non studio) e sporco mille pentole (e non stiro) e lascio il disastro - à la invasioni vandaliche - fino alla mattina dopo (e non metto a posto la camera!). Ti quoro mamma :)
Qual momento migliore per colonizzare i fornelli dalle 10 di mattina alle 9 di sera???

Era la seconda volta che preparavo una cena dall'inizio alla fine (la prima eccola qua), e per fortuna non è stato stremante come quel giorno. Molto accettabile, e soprattutto divertente, dato che ho optato per il cibo cino/giappo/orientale/all'incirca (dessert a parte)! Da non sottovalutare l'aiuto dato dal fratello. Grazie, Silvà!
Poi, col pensiero fisso di mia mamma che scuoteva la testa e mi guardava con uno sguardo colmo di disapprovazione, ho messo tutto a posto, appena finito di mangiare. T-U-T-T-O. Della qual cosa vado molto fiera.

Potrei essere una brava desperate housewife. Hmm. Dato il ritmo a cui sto (?) dando gli esami, potrei farci un serio pensiero al riguardo.

Comunque, c'è dell'altro. Il dessert non era stile orientale, in quanto consisteva in una prova generale per il concorso di Deleciously.
Della ricetta parlerò un'altra volta, quando appunto aggiusterò le dosi e posterò il dolce nelle sue svariate parti. :P
Frattanto, dono la cocottina trasparente col suo lussurioso contenuto a una Tartina che pare oggi vada per l'adultità. Prego andare in fondo al post per ritirare l'omaggio. [Scusa il ritardo di qualche ora!]
Questa ragazza mi fa morire con le sue introduzioni alle ricette, ironiche, profonde e mai noiose.
Ed è una grandissima in generale come persona ;)
Un abbraccione Tarti, eggià che ci siamo, mentre ricambi il mio gesto di affetto con commozione, ti sfodero alle spalle un cucchiaino che affondo nella mousse. Non conta per la dieta, tanto nessuno se n'è accorto. (Tra l'altro, questa cosa è successa davvero ieri sera, e di cucchiaini, a onor del vero, me ne sono sbafati tipo sei. E, a dirla tutta, se ne sono accorti tutti i convitati. Prendendomi poi in giro. [...])




RAVIOLI AL VAPORE CON GAMBERETTI (x ca. 15 ravioli)

Era dall'infanzia che mi chiedevo come si facessero! Li ADORO! Al ristorante cinese credo potrei mangiarne una ventina senza battere ciglio. Sono il finger food perfetto. Sono deliziosissimi e anche leggeri. E carini. Eccetera.
Il ripieno, il procedimento e la cottura li ho presi da qui ripetendo pari pari. Ma al posto della carne di maiale ho messo una scatola di gamberetti precotti (...eh oh :P) e tritati al coltello.
Per la verdura (carote-sedano-porro), ne abbiamo usata un sacco (le dosi non sono specificate nella ricetta). Di ripieno poi ne è avanzato un piatto, ma è stato spazzolato surante la cena in vece di "contorno".
Per la pasta, invece, ho riprodotto quella della Mercante di Spezie, vincendo la mia fobia per lo strutto.
Peccato che mi sia dimenticata di spennellare i ravioli con l'olio e che, dopo dieci minuti di cottura, l'acqua nel cestello si fosse finita e me ne sia accorta svariato tempo dopo. Quindi la cottura è stata mooooooolto lunga. I ravioli ne sono usciti provati, ma deliziosi.




TAGLIATELLE AL MATCHA IN BRODO DI RICCIOLA DI MARE, ZENZERO E SALSA DI SOIA (x 5-6 persone)

Altisonante, eh?
E soprattutto, non filologico. Tagliatelle???? In un contesto orientale?????? Proprio l'orgoglio delle nostra cucina ecc. ecc. ecc.
Infatti, è una sperimentazione scanzonata :), si ispira agli udon in brodo giapponesi, ma anche agli spaghetti cinesi (perdonatemi, non conosco il nome) alle erbe (quindi verdi) in brodo, che ho assaggiato con le mie amiche allo Shangai, il ristorante cinese più buono di Padova.
Per la pasta, ho fatto quella di Fiordizucca, proprio wow. Le mie dosi: 500 g semola di grano duro (buonissima sicula), 2 cucchiai matcha, 1 bicchiere e 1/4 acqua. Seguite poi il suo procedimento.
E' stata una botta di fortuna la mega ciotola in frigo in cui mia mamma ha conservato il brodo di pesce fatto prima di partire. Buonissimo. Ora, io non so come si faccia il brodo, voi di sicuro ve ne intendete più di me. Ma so per certo che il pescivendolo le ha consigliato di metterci anche la lisca, nel brodo. Ripeto, buonissimo.
L'ho poi "rimaneggiato" (tolto il pesce che mangeremo in altro modo) ispirandomi (un po' alla lontana) a questo sito (contiamo che non ho il mirin e ho usato.............. perdonatemi. Ho usato grappa) (ah, e mi sono dimenticata lo zucchero, ma questa è un'altra storia)



Q. b. brodo di ricciola o di altro pesce (nu non mi sono messa a misurare 1,5 l)
1 porro a fettine
60 ml salsa di soia
1 cucchiaio grappa (ma ovviamente sarebbero 60 ml di mirin)
1 rizoma di zenzero (lungo ca. 3 cm.)

Far bollire tutto per qualche minuto. Nel frattempo, cuocere le tagliatelle per 3 minuti (in un'altra pentola!), scolarle e sciacquarle sotto l'acqua.
Metterle nelle ciotoline e coprirle di brodo bollente.




POLLO LACCATO AL MIELE DI CASTAGNE CON SUCCO D'ARANCIA, SALSA DI SOIA E PATATE (x 5 -porzione scarsa-)

Questo è campato per aria (esperimento riuscitissimo!!!! Si scioglieva in bocca, era proprio s-p-a-z-i-a-l-e), ma nel procedimento mi sono ispirata a questo, che comunque è significativamente diverso. Tuttavia, senza la dritta della marinatura per due ore nel sacchetto di plastica immagino che la carne non sarebbe venuta tenera e scioglievole come in effetti è stata, quindi devo proprio citare e ringraziare.
(In realtà ho usato il miele di eucalipto [che a me non piaceeeeee!! Ma mi sa che dovrei fare all'incirca 120 polli laccati prima di esaurirlo :P], comunque ho letto (qui) che il miele di castagno, amarognolo, va benissimo per laccare la carne.)



Cipolla + porro (ad occhio)
niente olio ma vino bianco per appassire
succo di un'arancia
100 ml aceto di vino rosso
100 ml salsa di soia
3 patate a tocchetti piccoli
pollo porzionato in 5 pezzi
2 cucchiai miele di castagno

Appassire il porro, la cipolla, il vino bianco e il succo d'arancia.
Aggiungere aceto e salsa di soia.
Aggiungere le patate e far cuocere finché no si addensa (1o-12 minuti - credo. Forse 15).
Far freddare bene.
Traferire tutto dentro un sacchetto da congelatore, sigillarlo bene con meno aria possibile all'interno e mettere in frigo per 2-4 ore.
Mettere in una teglia piccola (io ho aggiunto acqua perché il sugo era praticamente sparito!), spennellae il pollo con miele caldo e infornare a 210° per 20 minuti. Spennellare con il secondo cucchiaio di miele caldo e far cuocere altri 20 minuti.
Io per errore l'ho cotto 15 minuti in più. Si è bruciacchiato, ma la carne era buonissima. Quindi forse conviene cuocere per 50-55 minuti, copprendo con l'alluminio quando spennellate la seconda volta.




MANZO IN SALSA AGRODOLCE CON PEPERONI E MANDORLE (x 5-6 persone)

Questo l'ho preso paro paro da qui. Solo, io uso sempre il vino per appassire le verdure, mai l'olio. E ho fatto cuocere di più i peperoni, prima di rosolare la carne - da neofita del salato qual sono, ho sempre paura che restino crudi e poco digeribili. Ah, e io non ho fatto anche il riso. C'era già tannnnnta robba! Ho fatto 3 bistecche tagliate a listarelle, è bastato e avanzato per 5 (sempre perché c'era tannnnnta robba).
Ultima cosa, quando ho messo a rosolare la carne ho aggiunto una manciata di mandorle intere, e le ho tenute anche quando ho aggiunto i peperoni. Erano diventate morbide fuori, ma ancora croccanti dentro - perfette.



SALSA AGRODOLCE

Ovviamente, per fare il manzo non potevo mica usare la salsa confezionata! (Soprattutto perché non ce l'ho..... Ma soprattutto perché sono una foodblogger votata all'autoproduzione di quante più cose possibili!!)
Ho trovato questa ricetta, era buona. Niente di spaziale, forse con più salsa di soia e più pomodoro... Però perfettamente accettabile. Molto buona col manzo, ma anche coi ravioli (è lei nella foto col raviolino) e con le tagliatelle in brodo.





Ed ecco qua! Dolce compleanno, Tartina :)


venerdì 22 gennaio 2010

Sono quasi gli ultimi, giuro! Muffins mais, mela, zenzero candito e arancia



Sospendiamo un attimo i ciak parigini per questi muffins.

Sarà la centesima ricetta di muffins in Rosmarina, e poi tutte di seguito, losoloso, ma sapete, sono monomaniacale. Se mi fisso con una cosa, devo esaurirla in tutti i suoi aspetti e sfumature prima di stufarmi. Come col cocco. Prima di aprire il blog sfornavo quintalate di dolci al cocco, muffins al cocco, biscotti al cocco, cakes al cocco. Coccococcococco in qualunque abbinamento possibile, cocco ovunque. Poi, all'improvviso, basta cocco. Dopo mesi, avevo esaurito l'argomento. Risultato: se tutto va bene, ci sarà UNA ricetta col cocco, in questo blog. (Questa.) Abbiate fede che prima o poi mi succederà anche con i muffins.

Comunque! Ve ne avevo già parlato, ricordate?
Ho un po' modificato l'idea originale... E a questo accostamento ho pensato proprio tanto, mi sono persino presa degli appunti. :) Sono estremamente soddisfatta del risultato!
...Ecco cosa ho scritto negli appunti, mentre decidevo quali ingredienti togliere dal progetto iniziale (cioccolato bianco) e quali aggiungere (benvenuti a bordo, succo d'arancia e zenzero candito!): "Aroma caramellato [zucchero di canna], speziato e vagamente piccante [zenzero candito], rustico [farina di mais].
Consistenza moelleux [mela grattugiata]. Si incontrano pezzetti morbidi e dolci [mela a pezzetti] e altri più consistenti [zenzero candito].
Tutto rinfrescato e avvolto dall'acidulo [dell'arancia, in scorza e in succo]."
Sì, i degustatori che in tv, la domenica mattina, si bagnano le labbra di vino da un elegante calice e, con fare saputo, dicono cose come: "Gusto paglierino, fruttato. Vagamente acidulo. Quasi erbaceo, si potrebbe ardire.", mi hanno sempre affascinata.

Insomma, dopo le mie manìe pre-degustative ho liberamente rielaborato una ricetta del libro di Bob, che prevedeva le pere sia a pezzetti che grattuggiata. L'ho scritta sul foglietto, sopra ai vaghegghiamenti sensoriali, e sono partita.
Vi assicuro che era proprio come negli "appunti". E so che non dovrei essere io ad assicurarlo - ma non ho potuto resistere, quando ho aperto il primo pirottino per offrire il muffin a mio papà ho dovuto smangiucchiare con fare colpevole la cospicua percentuale di dolcetto rimasto appiccicato alla carta.

Non me ne sono pentita...

(Ah, belli i pirottini eh :) Già mi pento di non averne presi di più. Dato che già qualcuno mi ha fatto i suoi apprezzamenti nei loro confronti, svelo l'arcano: si trovano da Mora. Non so se Mora lo infilerò in uno dei posts parigini, quindi intanto ve lo piazzo qui nel caso andiate in terra francofona tra breve.)

(Zenzero candito... Altro delizioso acquisto parigino - in un semplicissimo supermercato. Vi giuro, è delizioso. E fa pure bene, è digestivo. Nel caso non lo troviate, si può fare in casa.)

Muffins al mais, con mela, zenzero candito e arancia (per 6 muffins)

90 g farina di mais fina gialla
70 g farina 00
40 g zucchero di canna scuro
1 uovo
50 ml succo di arancia + 1 cucchiaino yogurt
50 ml olio di semi
100 g mela grattugiata
70 g mela a pezzetti
30 g zenzero candito a pezzetti
1 cucchiaino di scorza d'arancia grattuggiata
0,5 cucchiaini di scorza di limone grattugiata
1 cucchiaino zenzero in polvere
1,5 cucchiaini di lievito (io ho trovato il baking powder in un negozietto etnico e uso quello ormai :D)
o,5 cucchiaini sale

Setacciare le farine con il lievito, il sale e lo zenzero in polvere in una ciotola. Tuffarvi le scorze grattugiate, la mela a pezzetti e lo zenzero candito a pezzetti.
In un'altra ciocola sbattere assieme l'olio, il succo d'arancia con il cucchiaino di yogurt, l'uovo a temperatura ambiente, lo zucchero, la mela grattugiata.
Versare gli ingredienti liquidi su quelli secchi e mescolare solo finché la farina non viene assorbita.
Distribuire l'impasto in 6 stampini medi fino a 2/3, 3/4 di altezza dei pirottini, aiutandosi con un ice-scooper (funziona!).
Infornare in forno caldo statico a 205° per 20 minuti.

Anche con questi partecipo alla raccolta di Pandipanna.

martedì 19 gennaio 2010

Parigi ciak 2 - Aoki e Aurore Capucine


Oggi altre due pasticcerie che ho scoperto grazie alla rubrica di Kja - sono una copiona, già.



SADAHARU AOKI

Be', anche lui celeberrimo. E anche qui ci sono sani motivi perché lo sia.
Ero veramente curiosa di assaggiare i suoi dolci. E' una bella sfida conciliare i gusti orientalissimi del Giappone con le forme raffinate della pasticceria francese senza risultare degli estrosi senza sostanza, che fanno robe strane solo per stupire una clientela snob.
Insomma, era questo che pensavo, cercando disperatamente la pasticceria di Aoki lungo l'infinita rue de Vaugirard (questa cavolo di strada copre ben quattro - o cinque?... Ossignore non me lo ricordo... E quindi non ho informazioni sufficineti per indicarvi a quale fermata scendere! Scusate - fermate della métro, e ovviamente me le sono fatte tutte prima di trovare quella più vicina alla boutique).
Per questo mi attrae così tanto la pasticceria giapponese "all'avanguardia", quella che si mescola con i dolci occidentali creando equilibri raffinatissimi.

I giapponesi hanno un dono in questo. Io mi perdo su Flickr a guardare foto di perfette vetrine di pasticcerie di Tokio, con dolci piccoli piccoli e dettagliatissimi che sembrano quasi finti.
Quell'amore per la precisione, per la cesellatura, che è presente in tantissime branche della cultura nipponica - l'arte del tè, l'arte dell'Ikebana, l'arte dell'origami, la recente e un po' inquietante manìa delle giovani giapponesi per i bento... E la lista potrebbe continuare a lungo - quando viene applicata alla pasticceria fa proprio impressione. E scoraggia. Noi occidentali non saremo mai tanto perfezionisti... Humm, questo è un male o un bene? :P

L'estetica, quindi, di certo è inappuntabile.
Il sapore?
Torniamo a me che, dopo circa un'ora di estenuante girovagazione di rue de Vaugirard, stremata e sudata mi porto dentro la piccola boutique di Aoki. Tanto per cominciare, la signora alla cassa con un sorriso a cinquantaquattro denti e una gentilezza disarmante mi informa che non è possibile fare foto all'interno. La macchinetta mi scivola discretamente nella borsa - non replico nemmeno un "excusez-moi", la eterea atmosfera del luogo, data principalmente dalle commesse dotate tutte di un sorriso a metà tra il gelido e l'estremamente cortese, mi fa sentire un po' goffa (...non che normalmente io brilli per eleganza! :P). La foto prima di entrare mi è venuta malino, all'uscita ero ancora un po' in soggezione a causa dello sguardo immobile delle commesse che continuava a seguirmi (forse esagero un po' ;) è la mia indole siciliana e tendente a "colorire" i fatti), quindi mi sono dimenticata. Il risultato è quella robetta mossa lì, ovvero la foto fatta all'entrata. Per foto più che decenti, cioè, stupende di Aoki, guardare qui (e a Tuki hanno fatto fotografare anche all'interno!! Huff. Sarà perché era un'altra boutique. No?? :P).

Ah, non so se sia stato un caso, ma né in rue de Vaugirard, né a Lafayette Gourmet (sono andata anche lìììì :9) ho trovato da Aoki macarons sfusi in vendita. O un sacchettino di gusci di macaron assortiti da farcire a scelta (che ho ovviamente comprato), o una petite boite di macarons a scatola chiusa - letteralmente (che ho ovviamente comprato).
Be', i macarons, vi dirò, non mi sono piaciuti come quelli di Hermé. Però quello al sesamo e quello alla violetta erano buoni forte. Ecco, mancavano i contrasti, gli abbinamenti. Erano buoni, ma monogusto; facendo degli accostamenti ci avrebbero guadagnato. Impressione personale, certo.

Va bene, allora. Ho preso, oltre alle attirevolissime confitures de lait au matcha e au lait à l'azuki, che non ho ancora avuto il coraggio di provare (voglio metterle in un dolce, ma non so bene quale, e ho paura che, se le apro, finiscano barbaramente sul pane della colazione della famiglia fino al loro esaurimento!), un Duomo au thé matcha e uno Zen au sésame noit et thé matcha.
E sì, insomma, in una pasticceria giapponese volete non prendere dolci al matcha??
Il primo è una pallotta di... gelato, credo?... con dentro non capisco bene cosa. Credevo azuki, ma leggo ora in giro per il web che hanno un biscotto alla nocciola (e questo ci sta) e un cuore all'albicocca (e questo non me lo aspettavo no no no).
Purtroppo l'ho dovuto mangiare in métro da sola (anche se dubito che l'avrei diviso :P) e di tutta fretta perché si stava sciogliendo, ma è stato molto divertente vedere gli altri viaggiatori fissarmi straniti, cercando di non darlo a vedere, mentre io consumavo tutta compunta un'elegantissima pallotta verde. Puro, semplice matcha che ti otturava persino le vene con quella polverina sottile che avvolgeva interamente il dolcetto. Morbido morbido. Coccolante.
E lo Zen? C'era anche qui il biscotto alla nocciola, poi pasta di sesamo nero (I sesamo nero) cioccolato (stranamente, non me n'ero accorta) e, naturalmente, matcha. Be', devo dire, questa è la cosa migliore che abbia assaggiato da Aoki, e tra le più buone abbia assaggiato in tutta la settimana. Cioè, lo assaggi e ti turbi, e pensi che tu non sarai mai in grado di creare un accostamento tanto equilibrato, un dolce tanto poco dolce, con quel gusto amarognolo del matcha e quello noccioloso e quasi salato del sesamo nero. Poi perdoni Sadaharu per essere così dannatamente bravo e ti perdi nel deliziosamente amarognolo.

Sì, ecco l'impressione finale che ho riportato dei dolci di Aoki: una sensazione indistinta di deliziosamente amarognolo.
I dolci giapponesi non sono mai troppo dolci, né pesanti. E equilibrano con maestria lo zucchero con l'amaro. Una lezione da tenere a mente.

Da consumarsi con aria snob su un vagone del métro altrimenti grigio e squallido.


Indirizzi

35 rue de Vaugirard, telefono 33(1)45444829

56 rue de Port Royal, telefono 33(1)45353680

Lafayette Gourmet, 48 boulevard Haussmann, telefono 0148741535



AURORE CAPUCINE


Kja l'ha descritta con una poesia. Figuratevi quant'è delizioso questo posto. Non vantando la sua abilità (sinceramente le poesie non le ho mai capite... Sarò un po' addormentata? :P), mi limito a raccontarvi un po'.

Intanto.
La signora di Aurore Capucine sì, che era gentile. E simpatica. Cavolo! Abbiamo chiacchierato per una decina di minuti riguardo una sua certa ricetta per candire le bucce di non so quale strano frutto orientale o amazzonico (parlava velocemente). Aveva un accento buffo, non sembrava di Parigi. Sarà stato per quello che era simpatica? Haha, scherzo :) presto nei miei "réportages" gastronomici arriveranno anche i parigini gentili! Prossimamente su questi schermi :P


Dicevamo. Molto molto cara. Finalmente una che, alla vostra domanda: "Posso fare delle foto?", sgrana gli occhi ed esclama a gran voce e con un sorriso aperto: "Certo, cara, quante ne vuoi!". Disposta a chiacchiere "slow" con i clienti, curiosa di sapere qualcosa di loro se capisce che vanno matti per la pasticceria. E soprattutto, non fa nessunissimo tipo di smorfia anche se storpiate le parole in francese (vi assicuro che la cosa, dopo pochi giorni a Parigi, viene enormemente apprezzata da un turista!).
E il negozietto è di un accogliente unico. Luci soffuse, candele in vetrina, una parete dedicata ai tè, l'altra al bancone dei dolcetti. Sablés di tutti i tipi, al geranio, ala rosa, alla violetta. Alcuni salati. E, soprattutto, ENORMI. Largo spazio ai coloranti, ma gliel'ho perdonata. Scorzette d'agrumi candite di produzione propria, come i marrons glacés. Meringhe rose e ribes. Tortine monoporzioni da acquolina in bocca.

Ho assaggiato un tortino con pasta frolla, lemon curd (davvero LIMONOSO, notevole!) e meringa alla rosa a forma di cuore (non sono riuscita a fare la foto). Poi un sablé alla rosa e uno alla violetta (larghi credo sui 15 cm haaaaaaww *_*). Bbbbboniiiihh!!


Unica pecca: il muffin cioccolato e scorzette candite d'arancia che ha preso mio fratello. P.N.C.S, come dicono le mie amiche dal linguaggio giòvane, Proprio non ci siamo: bello secco e non perfettamente cotto. Diciamo che la gentile signora va forte sul fronte "lieve ed eterea pasticceria stile francese", ma la pasticceria americana la lasciamo a Cupcakes & Co (di cui presto parlerò), va'.

Per il resto, ci ha anche regalato delle scorzette di limone candite davvero deliziose.
Non sapete quanto mi pento di non essere tornata nei giorni seguenti per assaggiare la torta albicocche e lavanda e il fondant cioccolato e violetta!
Se andate a Parigi magnateli per me, mi raccomando :)


Indirizzo

3 rue de Rochechouart, métro Cadet

domenica 17 gennaio 2010

Parigi ciak 1 - Pierre Hermé


Eccoci qui, pare.
Comincia la titanica impresa: illustrare, in poche, semplici mosse, la mia vacanza gastronomica a Parigi.


------> Ah - sono partita dalle dettagliatissime informazioni di Kja nella sua sezione su Parigi.
Cioè - ormai lo sapete che sono matta, non importa anche se lo dimostro definitivamente, no - mi sono fatta una specie di "libretto" con dentro i suoi post stampati e gli indirizzi, in uno di quei raccoglitori con le buste trasparenti.
Non vi dico i casini per trovare i posti. La sera prima cercavo le vie sullo stradario della guida, poi le sottolineavo sulla cartina, poi giustapponevo la cartina stradale a quella del metrò e guardavo che percorso mi sarebbe convenuto fare. La mattina dopo, puntualmente, lasciato mio fratello a ronfare in albergo, sbucavo tutta felice dal metrò, mi guardavo intorno e mi ritrovavo nel mezzo di un'enorme piazza circondata da strade larghe una ventina di metri piene di auto che sfrecciavano. Disorientata che manco un cerbiatto illuminato dai fari di un tir che lo sta per prendere sotto.

Allora cominciava l'inevitabile ritornello che presto mi sarebbe venuto a noia: avvicinarsi a qualcuno, chiedere: "Pardon, Madame/Monsieur, où est rue Saint-Paul?", guardare il mio interlocutore andarsene senza avermi degnato di uno sguardo (un buon terzo delle volte), gridargli dietro qualcosa di poco lusinghiero in perfetto veneto, attirare in cotal modo rapide occhiate di leggero fastidio da parte dei passanti, borbottare tra me, avvicinarmi ad uno spazzino e sentirmi dare tutte le informazioni necessarie in un batter d'occhio, con immensa gentilezza, a volte anche scortandomi fino al numero civico da me indicato.
Insomma, tanto per non perdere tempo, se vi trovate a Parigi e dovete raggiungere una via che sembra esistere solo sulla vostra cartina, chiedete agli spazzini. Mai incontrato uno di loro che non fosse più che cortese.

Invece, ne avrei A PACCHI da raccontare a proposito di parigini che mi parlavano manco avessi sei anni o come se non avessi abbondantemente dimostrato di capire il francese, non risparmiandosi battute e sfottò a mio riguardo con amici e concittadini in genere che si trovavano a passare.
Sarei però ingiusta a fare di tutta l'erba un fascio, come si dice.
Diciamo che la percentuale di gente assolutamente maleducata mi ha colpita, ma non rappresenta più di un 30%. E ho trovato delle persone assolutamente squisite, davvero - molto più squisite di quelle che potrei trovare in una qualunque via di una fredda e nordica Padova.
Quindi, come sempre, non si danno giudizi, si prende il buono dell'esperienza, si ricordano le persone gentili e orsù, ci si compiace di non aver avuto problemi a mandare a quel paese chi gentile non è stato.

Un'altra raccomandazione (?): in Francia i negozi stanno aperti all'ora di pranzo; in compenso, chiudono alle 18. E alcuni aprono alle 10. Così. Tanto per non imbrigliare la creatività. <------


Comunque, come dicevo prima, sono partita da queste benedette indicazioni di Kja. Ma poi, girando girando, ho scoperto tantisssssimi altri posticini, che non mancherò di elencarvi nei prossimi posts :)
Cccccominciamo!


PIERRE HERME'

Sarà pur d'obbligo cominciare da lui, no?
Allora. Sono andata nella boutique di rue Bonaparte - uno degli ultimi giorni invece passavo per caso per rue Vaugirard, e, be', davanti alla boutique di Hermé mi son resa conto che non sono leggende quelle che si raccontano a proposito di lunghissime file davanti ai suoi negozi, all'ora di punta. C'è poi un suo spazio al piano interrato - quello delle scarpe e degli stivali - delle Galeries Lafayette, alquanto ben fornito.
Ma, dicevo, io sono andata a rue Bonaparte.
E sono anche arrivata mezz'ora prima dell'orario di apertura, da furbozza qual sono, per evitare la fila.
Be', non c'era fila.
Quindi, alle nove meno tre minuti, quando la porta è stata socchiusa, io e le tre persone vicino a me ci siamo fiondati nel negozietto, avidi.

Be'.
Che dire.
Come dirlo.
Un bonario omone con una barba vagamente accennata ci ha detto gentilmente: "S'il vous plait, Mesdames et Monsieur, nous ouvrons à neuf heures. Deux minutes, s'il vous plait."
Abbacinata, ho pensato stupidamente alla macchina fotografica che mi giaceva inerte in mano, manco una turista giapponese, maledicendomi per non aver flashato fulmineamente la scena. Poi, razionalmente, mi sono detta che probabilmente in tal caso mi avrebbero radiata a vita dall'albo dei clienti della boutique - a farla pulita.
Sì, insomma, era lui ad averci detto di aspettare ancora due minuti fuori dal negozio, e con lui intendo... Pierre Hermé.
E devo dire che mi è piaciuto il fatto che fosse lì, nel retrobottega, alle nove meno tre minuti del mattino. Fa molto "uomo innamorato del proprio lavoro", fa molto "anche se sono considerato praticamente una star, continuo ad essere un onesto pasticcere".

Quando siamo rientrati (dopo i famosi due minuti), Hermé era sparito come uno sbuffo di fumo, lasciandoci il dubbio della sua fattiva presenza nella bottega - allucinazione collettiva? Ectoplasma? Gemello monozigote?
Comunque, sfoderata macchinetta fotografica e sorriso, ho subito chiesto ai giovini dietro al bancone se fosse possibile fare delle foto. "Seulement deux, Madame, merci." Grrrrrrr. A parte che per tutta la vacanza non ho capito sta cosa che tutti mi chiamavano "Madame". Essignore, è ben seccante, per una di diciannove anni!!!


Comunque, fatte le due foto, mi sono concentrata sul malloppo da acquistare. Per un errore grossolano, mi faccio dare il doppio dei macarons che volevo, accorgendomene fuori dal negozio (ovviamente non sono andati sprecati ;) ). Poi, non può mancare il mitico ISPAHAN.
Raggiunta la piazzetta lì davanti, mi sono piazzata sulla panchina e sono proceduta all'assaggio.
Be', ragazzi, che dire.
Non nutrivo grandi aspettative nei confronti dei celeberrimi macaron. Ok, due biscottini ripieni di crema. Uao. Ero lì più che altro in tappa obbligata - una foodblogger a Parigi che nno va da Pierre Hermé, e che storia è??

E invece... Mamma mia. Gli accostamenti erano deliziosi, la consistenza del guscio croccante con il cuore scioglievolissimo, il formato dei dolcetti piccolino e cicciotto da far simpatia, strabordante ganache.
Come letto tante volte, ho evitato i gusti cioccolatosi, puntando su quelli fruttati, e be', wow. Moltomolto equilibrati. Su quella panchina devo aver fatto delle facce divertentissime mentre mi gustavo i miei macarons.

Ne ho assaggiati molti tipi - non da sola eh! Anche mio fratello si è macchiato del misfatto :P - e quindi ecco la mia classifica di buonissimi: Rose, Agapé (limone e pain d'épices), Envie (violetta e mirtillo), Infiniment Vanille, Marron & Thé Vert Matcha. Invece, quello che mi ha deluso è stato il celebre Infinement Caramel, caramello al burro salato. Chevvedevodi', niente, io le creme al burro non le reggo. Troppo stucchevoli. E se nel macaron alla rosa la crema era anch'essa a base di burro, l'aroma delicato la rendeva deliziosa. Ma con il caramello, naaah, personalmente era troppo.

...E infine LUI. C'è sempre un Lui - sapete che intendo? Intendo quello che, quando lo assaggi, ti inebria in quel certo modo, ti rende cieco e sordo per un attimo, ti lascia solo di fronte al Sapore, quello emozionale, che non ti spieghi ma che ti inchioda lì, a gus-ta-re. Credo sia ciò che ogni pasticcere debba cercare nelle sue creazioni. Sarei estremamente appagata se, nell'assaggiare un mio dolce, qualcuno dal suo sguardo lasciasse trapelare che ha avuto su di lui quell'effetto. Cioè, da quando ho avuto questa pensata cerco sempre di raggiungere quest'obiettivo, ma ovviamente non ce la faccio - ciò che sforno magari è buono, a volte delizioso, ma per avere LUI, be', ci vuole ben altro.


Insomma, uno dei miei LUI è il macaron Truffe Blanche & Noisette.
La cosa buffa è che per tutta la settimana non sapevo che fosse al tartufo. Nel sacchettino erano tutti mescolati e non riuscivo a distinguerli se non per il colore.
Poi un giorno sono andata nello spazio di Hermé a Lafayette a prendere altri macarons - ho mangiato di nuovo LUI, ho avuto di nuovo l'attimo di smarrimento e poi ho avuto l'illuminazione, sfogliando il libretto mignon sui gusti del mese che mi avevano dato. Essì: tartufo toscano e nocciole piemontesi! C'è altro da aggiungere? :)

Che dire, se è diventato il guru della pasticceria d'avanguardia francese un motivo c'è e se ne accorge anche una "pivellina" come la sottoscritta ;)
Ritengo che, assaggiando voluttuosamente i suoi macarons grassottelli, ci sia un'elevata probabilità che tra essi si nasconda anche il vostro Lui. E, be', anche solo per questo vale una visita, no?

Indirizzi

72 rue Bonaparte, Paris, 6

185 rue de Vaugirard, Paris, 15

Galeries Lafayette (piano interrato), 40 boulevard Haussmann, Paris, 9

Publicisdrugstore, 133 avenue des Champs-Elysées, Paris, 8

58 avenue Paul Doumer, Paris, 16



Ahahahahah...! In questo post volevo mettere TUTTE le pasticcerie visitate, ma che dite, vi risparmio? :D
Continuerò presto, non vi illudete ;) Bwahahah!

mercoledì 13 gennaio 2010

Non ancora Parigi..... Mentre aspettiamo, vi va una macedonia?

Sono-a-dieta.

Sì sì, lo ripeto anche: SONO-A-DIETA.
Da tre gloriosi giorni in cui sono tornata ai rassicuranti 50gdipaneacolazione, 80gdipastaapranzo, 100gdipaneacena.

Rassicuranti, sì. Perché è bello, è rassicurante sapere che è quello che ti aspetta. Che non ti è permesso svicolare - pena la vergogna e l'autopunizione il giorno dopo privandosi del cucchiaino (1, sì, e raso) di miele a colazione (almeno, per me è così... Sono stata una bambina molto attaccata al senso del dovere, che ora mi è rimasto appiccicato in tutti gli aspetti della mia vita con l'importante eccezione di studio, pulizia e ordine della casa, sbuffare a mia mamma quando mi dice di studiare e di pulire/mettere in ordine la casa, studio, studio e ancora studio). Cioè, io mi sento in colpa anche se non richiudo il tappo dello shampoo, figuriamoci se mi concedessi un cucchiaino extra di zucchero a colazione durante una dieta. Dovrei correre da Sant'Antonio ad accendere un cero per lavare l'onta. (Si fa per dire.)
Per tutti questi motivi la dieta sembra essere stata fatta apposta per me, con tutti quegli arcigni diktat che leggo avidamente e seguo con scrupolo, sentendomi come uno studente modello che compiace sempre la maestra con le sue dimostrazioni un po' odiose di zelo.

Eh sì, il fatto è che dopo mesi di soffici meringhe, di oceani di cioccolato, di soave odore di pasta frolla e di monossessionedaburro, a una persona come me non serve altro che un'affabile dottoressa che, vedendomi entrare nel suo studio in cerca di un banale certificato medico, non saluta nemmeno ed esclama: "Dio mio, Marina, quanto sei ingrassata!", rovistando immediatamente in un cassetto e porgendo poi il foglio della dieta, con due occhi colmi di disapprovazione.
A onor del vero, questa simpatica scenetta è successa un anno e quasi mezzo fa, e al tempo mi sono sentita offesa. Quel giorno riportai il fatto a svariate persone in tono indignato, concludendo sempre il racconto con uno stupefatto: "Ma ti rendi conto??". Guardando però il viso del mio interlocutore di turno, di volta in volta mi accorgevo che se ne rendeva benissimo conto, altroché.
Inghiottito il mio orgoglio, è cominciata la prima dieta seria della mia vita, che mi ha dato davvero soddisfazioni... Anche grazie alla mia (breve ma intensa) frequentazione della palestra (non sono mai stata una sportiva come Tartina :P), in 3 mesi ho recuperato il peso forma (che bruttissima espressione!! Sembra una formula pubblicitaria) ed ero diventata una discreta belloccia, essì.

Il problema è stato il Natale a casa di mio zio, in Germania.
Si dà il caso che mia zia, biondissima tedesca, sia bravissima ai fornelli, soprattutto per quanto riguarda stufati, spezzatini, patate in tutte le salse che mente umana possa immaginare.
Quello è stato l'inizio della fine, più che altro perché mi ero convinta ormai di essere "arrivata" e di potermi sbilanciare un po'.
La situazione è rimasta instabile fino all'estate, con l'apertura del blog e il conseguente costante ingurgitamento di sostanze zuccherine.
Poi è arrivato l'Interrail in Spagna e la sua assenza totale di cibo. Come già detto, mangiavamo qualche biscotto integrale (quelli da 80 centesimi al pacco di 100 biscotti, bleaaah vi assicuro, vale la pena spendere un po' di più!!), striminzite prugne secche, un panino quando capitava. E camminavamo qualcosa tipo 20 km al giorno (non so come, ma un giorno, mezze morte di fame ma ormai sportivissime, siamo arrivate alla periferia di Madrid a piedi).
Ovviamente, quando sono tornata mi sono accorta di aver perso credo 5-6 kg in 12 giorni.
Ovviamente, mettere piede dentro casa e riprenderli è stato un tutt'uno.

E insomma diamo una svolta a questo tormentato rapporto che ho col cibo. Svoltiamo questa pagina e diamo inizio all'èra in cui starò sempre attenta a cosa mangerò, anche a dieta finita (stomaco, reni, fegato e organi interni tutti ringraziano).

Amo il cibo, e mettermi a dieta non vuol dire privarmene. O sgranocchiare tristemente una carota cruda (a parte che io adoro le carote crude, mentre odio quelle cotte - se non ridotte in purea. Fissazioni infantili difficili da estirpare).
Anzi, la dieta accende la mia fantasia. Mi dà dei paletti fissi all'interno dei quali è però possibile (e anzi, è assolutamente consigliabile) sbizzarrirsi.
In realtà ho sempre trovato molto, molto stimolante dover rispettare dei paletti. In qualunque campo.

A scuola, quando c'era da scrivere un tema, odiavo i titoli tipo: "L'amicizia". Ma l'amicizia che?!? Cosa puoi replicare, se uno ti dice "Amicizia"? "Bella, mi è sempre piaciuta."
Se invece ti dicono, chessò, "Sei un poeta romantico ottocentesco e decidi di scrivere una lettera al papa riguardo la presenza della religione nell'arte", allora sì che questo ti permette di scrivere un fantastico tema.

E' così che vedo anche l'alimentazione. Se non ci si dà dei limiti, delle misure tangibili da rispettare, se non ci si educa, come coi bambini, si mangerà male. E' così che si fa coi figli, si danno regole fisse. "Prima tutti i compiti, poi sistemi la camera e alla fine ci guardiamo il Re Leone". "20 g di cereali, 250 g di yogurt magro, 10 g di miele."
Ma se invece del miele... Ci mettessi dello sciroppo alla rosa? E di frutta ne posso mangiare quanta ne voglio... Se allo yogurt ci aggiungessi dei tocchetti di mela e dei lamponi? Le spezie non hanno calorie. Potrei grattuggiare un po' di quella fève Tonka che ho comprato a Parigi...
Et voilà. Un delizioso frappè yogurt, frutta e rosa.

Questo è solo un esempio - vogliamo parlare di una stupenda pastasciutta ai broccoli e alla fève Tonka? (Sì, questa fève Tonka è miracolosa!...) O del primo di oggi - penne con pomodoro, peperone e vaniglia? O il classico ma sempre stupendo pollo al limone... Nessuno è triste e sconsolato mangiando un pollo al limone! E scusate... Le seppie in umido??
Senza contare che la dieta fa assaporare davvero il gusto dei cibi, dovendo diminuire anche il sale (parlano sempre di questo sale cellulitico, anche se dall'infanzia mi chiedo come faccia un alimento così discreto e quasi invisibile a formare i cuscinetti!). Finalmente ho mangiato di nuovo un finocchio senza intingerlo nel pinzimonio di olio, limone, sale, origano e peperoncino in cui lo annego di solito.
Make it simple.
Less is more.
L'inglese sembra nato per questo tipo di aforismi applicabili ad una dieta. Una di quelle cose da replicare agli amici quando si è in birreria, tutti ordinano patatine fritte e ketchup e tu chiedi cortesemente delle verdure grigliate. "Ah, ma che storie fai, dai prendi una patatina, ma che ci trovi nelle verdure grigliate?" "Caro Marco, less is more." "..."
E una mela non mi è mai sembrata così buona come in questi giorni. Mi sono ricordata di come un tempo vivevo di mele, di come a scuola ne portavo anche 3, a volte, divorandole con reale bramosia.
Insomma divertimento e sperimentazione sono le parole d'ordine nella mia cucina, d'ora in poi. Anche nel salato. Chissà che cucinando per me non sia costretta a imparare un po' come si fa una bistecca senza bruciarla, chessò.

Ah, ecco cosa mi dimenticavo. Questo è un blog di dolci e io non potrò mangiare dolci per i prossimi 6 mesi. E' un bel dilemma. Anche perché il mio entusiasmo dietetico ha coinvolto anche mia mamma e mio fratello (mio papà già da anni si astiene dal cibo non salutare), quindi di lasciar divorare a loro non se ne parla.
Elena e Martina, le mie migliori amiche e le mie migliori golose, sono a dieta insieme a me (una per tutte, tutte per una!).

Di certo non potrò fare uno o due dolci la settimana come prima.
D'altronde adoro "bakare", è un'attività che fa parte della mia vita e non posso privarmene. Mi fa stare bene, mi rilassa, mi fa sentire creativa. Insomma, mi serve.
Allora, sicuramente il volume di dolcezze in uscita dal mio forno diminuirà drasticamente, ma non si esaurirà.
E, be', immagino che i miei compagni di università saranno felici di essere i diretti destinatari degli esperimenti Rosmarineschi. ;)
Quindi no paura, posterò. Eccome se posterò! (Esami permettendo... :P)

Oddio, quanto ho scritto! Se ne è andato il pomeriggio. Ma sono contenta di averlo fatto.
Se siete arrivati fino a qui, GRAZIE.

E ora arriviamo alla macedonia.
Nella trascinante fantasia dietetica che mi pervade in questi giorni, non ho comunque potuto fare a meno di ricordare la consistenza e la fragranza sublime del celeberrimo Ispahan di Pierre hermé, che ho assaggiato a Parigi. Ricordiamo per i disattenti: crema al litchi, aroma di rosa e lamponi freschi interi.
Ieri, comprando la frutta con mio papà in un bel negozietto, noto gli esotici fruttini del litchi. Mai mangiato un litchi in vita mia (tranne che nella crema dell'Ispahan!). Ne compriamo un po' e a casa si procede all'assaggio.
Sono innamorata del litchi, amiche foodblogger. Della sua pelle ruvida che viene via con facilità, della sua polpa liscia, dalla consistenza del cachi, quasi, ma con un delicatissimo odore di rosa (eh, Hermé ci ha visto giusto!). E quel nocciolo lucido, brillante, che sembra laccato. Lo adoro!

Il resto è venuto da sé.

Macedonia litchi, fragole, rosa e fève Tonka

Spezzettare la polpa del litchi in una ciotola, fare a pezzi le fragole (so, so che sono fuori stagione e tutto, ma avevo troppa voglia di quest'accostamento!) (e so anche che nell'Ispahan ci vanno i lamponi, ma... non li avevo, e poi, per la legge transitiva, se litchi e lampone stanno bene, e lampone e fragola stanno bene, allora fragola e litchi staranno bene!) e unirle al litchi. Zuccherare con mezzo cucchiaino per persona di sciroppo alla rosa (prezioso acquisto parigino), aggiungere succo di limone, una grattugiatina di fève Tonka (questo non c'è nell'Ispahan, ma ci sta da dio, con quel suo odorino di mandorla amara!) e, se si vuole accentuare l'aroma di rosa, qualche goccia di acqua di rose.
Far macerare in frigo per qualche ora, poi mangiare fredda.