mercoledì 17 febbraio 2010

Frittelle di ricotta e miele al sapore d'inverno - mela, arancia, cannella, rum



Non so se è tardi per postare la ricetta delle frittelle, se Carnevale è già passato o chessoio.
Non me ne intendo.
Non ho mai festeggiato in modo particolare questo evento, e, pur abitando ad un tiro di schioppo da Venezia, sarò andata un paio di volte al suo celeberrimo Carnevale.
Boh, non saprei dire perché, anche se un'ipotesi ce l'ho: molte delle idee che mi vengono per travestirmi riguardano comunque costumi che non dovrebbero essere coperti dal cappotto, ma accidenti, a febbraio fa freddo, e io il cappotto me lo tegno (me lo tegno fino a che dentro non ci squaglio, in realtà. Non me lo tolgo nemmeno a lezione). Così quando vado in giro col mio travestimento nascosto sotto chili di piume e poliestere, insomma, fa un po' triste.
E poi fa troppo freddo per camminare belli pimpanti in giro tutto il giorno.
Io lo odio il freddo.
Ho già di per me le mani perennemente gelide (anche ora mentre scrivo sono quasi insensibili e se ve le appoggiassi sulla schiena o sul collo strillereste con una vocina acuta che non sospettavate nemmeno di possedere, come il mio povero ragazzo. Ciao Mattia!) e un raffreddore che mi si è affezionato (per gli amici, sinusite cronica) e frequenti brividi di freddo quando tutti gli altri sentono un piacevole tepore (tipo in questo preciso momento!). Già di per me, quando in casa ci sono 20 gradi, giro con: canottiera, maglia, maglioncino, maglione 1, maglione 2, coperta 1 e coperta 2. Praticamente fino alla metà di marzo sembro un enorme bozzolo di tessuto semovente.
Lasciamo stare a letto. Canottiera, pigiama a maniche lunghe (di quelli un po' pesantini e lanuginosi all'interno), lenzuolo, copriletto, piumone piegato in due, altro piumone, coperta 1, coperta 2, coperta 3. Non esagero, no.
Quindi figuratevi se mi metterei mai a trotterellare fringuellando per un'intera giornata per ponti e calli, con -3 gradi. Cioè, mi ci vorrebbero minimo altre 2 paia di calze di lana, oltre ai soliti collant+calzettoni che porto sotto ai jeans (sì, in inverno sono moltomolto poco à la page!). Perché, poi? Ah, già, per sfoggiare un costume nascosto dal cappotto che mi sta salvando dall'assideramento! Grazie, no.

Ok, blateramenti a parte, non sento il Carnevale granché vicino. E, manco a dirlo, nella mia famiglia nessuno ha mai preparato dolci in questa occasione. Mai in casa Rosmarina fu immersa nell'olio bollente una frittella.
Fino a ieri mattina. Ieri mattina, io, intrepida e sprezzante del pericolo (oh, una pentola piena d'olio a 170° non è uno scherzo, no!), ho immerso quella prima frittella nell'olio di girasole.
E, a parte le storie che il fritto fa male e lo odiamo tutti eccetera (che, non lo so? Sarà da 8 anni che a casa non si vede una frittata o anche solo un soffrittino per il sugo), mi è piaciuto molto scoprire questa nuova tecnica di cottura. La pastella si gonfia e diventa una pallotta dorata simpaticissima. E sfrigola anche come un serpente a sonagli. Sssffsssssssfs. Troppo divertente!
E poi è bello fare le ricette della tradizione, davvero mi ci sto appassionando.
Certo, non so come cavolo facessero le nonne prima del termometro ad immersione a capire quando l'olio era pronto (benedetto il giorno in cui a Parigi l'ho comprato ,'sto santo termometro che dalle mie parti non trovo mai!), però vabbe', insomma, brave nonne, tanto di cappello.
Per gli ingredienti, mi sono basata molto vagamente su una ricetta di una zia che i miei mi hanno fotocopiato qualche anno fa dal suo quaderno. Non erano certo le frittelle tipiche siciliane - gli sfinci, mi dicono i miei - però mi ispiravano lo stesso.
Poi ho fatto tutt'altra cosa, aggiungendo alla pastella, veramente dura, ricotta e latte fino ad ottenere davvero una pastella, e non lo sbriciolamento di prima.
Ho aggiunto anche le mele, che le rendono sugose e succulente.
Ho aggiunto perfino un goccio di panna, che mi avanzava da un po' in frigo. Ah, e un po' di miele - così, per dare profumo.
Senza nemmeno pensarci, ho infilato un sacco di gusti coccolosi e invernali che con le frittelle ci stra-stavano. Erano morbide morbide, gustose, dolci. 'Na goduria!
Insomma: della ricetta originale ho tenuto solo la dose di farina e di uova, il goccio di rum, la scorza d'arancia e il suggerimento, una volta cotte, di passare le frittelle nello zucchero mescolato alla cannella.
(Certo, io dentro ci ho messo davvero tante cose, volendo la mia ricetta si può semplificare, semplicemente sostituendo la panna con una dose leggermente maggiore di burro e latte.)
Per il procedimento, ho seguito (stavolta pedissequamente) quello di una ricetta di questo mese de La cucina italiana (davvero bellino come numero!).



FRITTELLE MORBIDE MORBIDE DI RICOTTA E MELA AI GUSTI DELL'INVERNO (per circa 70 frittelline)


PER LA PASTELLA

300 g farina 00
2 uova
1 mela (se volete, anche 2)
110 g latte (io di soja, perché avevo quella confezione aperta)
45 g burro
70 g ricotta
50 g panna (sostituibile con 50 g in più tra latte e burro)
30 g zucchero semolato (io vanigliato)
15 g di miele (sostituibili con 10 g zucchero)
1/2 tazzina da caffè di rum
1 pizzico di sale
1/2 cucchiaino estratto di vaniglia (sono diventata drogata di questo sciroppino a pois neri... Immagino si possa omettere. Ma perché, se profuma di paradiso??)
1/2 cucchiaino cannella in polvere
1 cucchiaino lievito per dolci in bustina
scorza grattugiata di 1/2 arancia bio


PER LA FRITTURA E LA "ZUCCHERATURA"

0,6 l olio di arachide (io avevo girasole, ma ho letto, sempre su La cucina italiana, che è meglio quello d'arachide, ora non saprei ripetere il perché e la rivista è di là :P)
abbondante zucchero semolato (io vanigliato) (scusate se non sono più precisa, comunque direi circa una tazza, così, a occhio!)
cannella a piacere (credo io sui 2 cucchiaini, volevo si sentisse)

Sbattere bene latte, panna e ricotta fino ad ottenere una crema liscia.
Scaldare in una pentola media dai bordi alti 2/3 del rum con l'estratto di vaniglia, lo zucchero e il miele. Quando il miele è sciolto, aggiungere la crema "di latticini" e il burro e mescolare fino all'ebollizione. A questo punto aggiungere la farina, il sale, la cannella e cuocere la pastella per un paio di minuti. Togliere dal fuoco e aggiungere la scorza d'arancia. Far freddare, unire le uova una alla volta ed il lievito. Unire infine il goccino di rum che avanzava.
Sigillare con pellicola e far freddare in frigo a 6° per 30-40 minuti.
Nel frattempo detorsolate le mele, lasciando la buccia, e tagliano la polpa a tocchetti piccoli.
Mescolare alla pastella e far finire il riposo dei 30 minuti.
Quando manca una decina di minuti alla scadenza della mezz'ora, riempire una pentola abbastanza piccola e dai bordi alti con l'olio, fino circa a metà o un po' meno dell'altezza della pentola.
Contorllare la temperatura; quando raggiunge i 170°, calare un cucchiaino di impasto nell'olio bollente (io ne ho fatti 5-6 alla volta), Far cuocere un minuto da un lato, un minuto dall'altro (rigirate con una forchetta o una schiumarola). Quando sono ben dorate, scolare su un vassoio coperto da due strati di carta assorbente.
Ora la temperatura dell'olio si sarà abbassata; aspettare che torni a 170° e proseguire con il secondo giro di frittelle, e così via fino ad esaurimento della pastella.
Quando sono tiepide, riempire una tazza di zucchero (mescolato a 1 cucchiaino di cannella) per metà, tuffarvi due-tre frittelline alla volta e rigirarle bene per farle ricoprire di zucchero. Probabilmente ci vorrà un'altra mezza tazza di zucchero per ricoprire tutte le frittelle.
Consumare preferibilmente in giornata, quando sono ancora fragranti.

domenica 14 febbraio 2010

Cuori piccanti di brownie e cheesecake


E insomma oggi è San Valentino.
Non che vada pazza per questa festa (leggete questo post di Tartina in proposito!), ma insomma, un'inaspettata rosa rossa da parte del moroso non guasta direi! :D
Per il resto, mi piace pensare questo giorno al massimo come occasione per dimostrare non solo a Mattia, ma anche alla famiglia e agli amici che li amo da pazzi! :)
Ieri quindi serata ragazze con tartufini al cioccolato piccante (queste le dosi, ho solo sostituito il cardamomo con un peperoncino secco che ho messo nella panna fino al bollore e poi tolto - magari ce ne stavano pure 2), oggi pranzo a casa con famiglia e ragazzo. A ciascuno un sacchettino di plastica trasparente con dentro tartufini e simil-lindor (sempre al peperoncino - qui le dosi) e, per l'appunto, un cuore piccante a testa. :) Eh, il peperoncino è andato per la maggiore!
Mattia in più ha avuto un barattolo di limoni sotto sale, dato che il signorino preferisce i gusti acidi ai dolci e poi, diciamocelo, è un po' acidello anche lui... Ahah scherzo, è un tesoro!

Passiamo al dolce, che va bene ogni momento dell'anno, mica solo il 14 febbraio... Un po' come i regali di San Valentino!
La base è un brownie... Senza cioccolata, Sìsì, umido, goduriosissimo, scioglievole, nero. Ma senza cioccolata: al suo posto, cacao.
Squisito. Credo, come Wendy, d'altronde (che ho già grandemente lodato!), di aver trovato LA ricetta dei brownies. E' fantastica, molto meglio di quelle che ho provato con il cioccolato, tipo 'sta qua!
Avrete capito che, come spesso faccio, ho preso la ricetta da Wendy, che l'ha presa da Smitten Kitchen, che l'ha presa da Lemonpi, che l'ha presa da questo libro. Un bel giro, sinonimo che si tratta di una ricetta davvero buona!
Burro, zucchero e cacao vengono sciolti sul fuoco, poi uniti a uova e farina e cotti in forno. Il risultato... Ve lo lascio immaginare. Da lasciarci il cuore. Un consiglio spassionato: fateli. Se siete giù, o felici, o normali, o arrabbiati o stanchi o qualsiasi cosa. Possono solo migliorarvi l'umore.
Mettete poi di aromatizzarli al peperoncino (eddaje!). Mettete ricoprirli con uno strato tipo cheesecake.

Devo dirlo, quest'idea del cheesecake è stata pazzesca! Da non smettere di mangiarlo, proprio da leccarsi le dita :) Mah, tornando indietro sarei combattuta riguardo a quale ricetta inviare a Deleciously.
Eh sì, è il non plus ultra di comfort food possibile.

Provateeeeeeeeeeeeeeeeeee!



BASE DI BROWNIE AL CACAO (per una decina di cuoricini più scarti, o per un dolce unico rotondo di 22 cm. di diametro, o ancora per un dolce rettangolare di 20x20 cm. da dividere in 16 quadrotti)

140 g burro
200 g zucchero
85 g cacao amaro di buona qualità
2 uova
65 g farina
noci o altra frutta secca (facoltativa, io non ne ho messa. Ho invece usato 150 g. di cioccolata al latte tagliata a pezzetti che stazionava da un po' in frigo)
1/4 di cucchiaino di sale
1/2 cucchiaino di estratto naturale di vaniglia
1 cucchiaino (o più, a gusto personale) di peperoncino in polvere

Preriscaldare il forno a 160°.
Coprire di carta forno uno stampo tondo di 22 cm. di diametro, o uno quadrato di 2ox2o.
Far sobbollire un po' d'acqua in una grande pentola, e in una ciotola resistente al calore che si incastri perfettamente dentro alla pentola (senza raggiungerne il fondo né l'acqua) mescolare il cacao setacciato allo zucchero, al sale e al burro tagliato a pezzetti. Porre la ciotola sopra alla pentola e mescolare finché il burro non è perfettamente sciolto e il composto abbastanza caldo (non caldissimo). Togliere dal fuoco e aspettare finché non diventa tiepido.

--> A questo punto consiglio di dedicarsi al cheesecake (pochissimo più giù!) mentre si attende che il composto del brownie raffreddi. <--

Ora aggiungere le uova una alla volta, sbattendo bene per amalgamarle perfettamente. Unire la vaniglia, il peperoncino e infine la farina setacciata, finché non sia tutto ben assorbito. A questo punto, con un cucchiaio di legno o una spatola di plastica, sbattere vigorosamente il composto per 40 volte (? Be', io l'ho fatto. In effetti forse è servito per amalgamare per bene). Unire la frutta secca e/o il cioccolato a pezzetti.
Versare il composto nella teglia preparata con la carta forno.


CHEESECAKE

320 g formaggio cremoso o yogurt denso tipo greco o ricotta (per me, poca ricotta e molto yogurt denso - 260 g circa - ottenuto scolando 1 kg di yogurt magro per circa 24 ore - alla prossima puntata cosa ne ho fatto del siero prodotto!)
3 cucchiai zucchero di canna (forse ne basta meno)
1 uovo
1 pizzico di peperoncino

Sbattere molto bene i formaggi con lo zucchero e l'uovo. Con una frusta elettrica, possibilmente, per avere un composto cremosissimo. Io non avevo voglia di usarla e pulirla ecc, così ho usato una frusta a mano e me ne sono infischiata dei grumetti di formaggio.
Versare il cheesecake sopra al brownie e spatolarlo bene. Con una forchetta smuovere un po' i due composti in modo da mescolarli leggermente. Spolverare con il pizzico di peperoncino e infine infornare (forno statico) per circa 40-45 minuti, o comunque finché il composto di formaggio in superficie è sufficientemente sodo.
Far freddare bene, poi conservare in frigo. Tirar fuori una mezz'oretta prima di consumarlo, così il brownie sarà bello morbidino.

Per i cuoricini: una volta che il dolce è freddo di frigo, con un coppapasta a forma di cuore (esistono?) ritagliare i cuoricini e sbafarsi gli avanzi (dai, è S. Valentino, uno strappettino - ... - alla dieta ci sta, no!??!!!). Io ho usato un tagliabiscotti per imprimere leggermente la superficie del dolce, poi con un coltellino affilato ho ritagliato per bene i dolcetti.

Oppure, se non è S. Valentino, o se avete fatto questo dolce per consolarvi di una delusione d'amore e cuoricini proprio non volete vederne (non dimentichiamo che tra poche ore sarà la festa dei singles!), tagliate il brownie cheesecake in tanti quadrotti, prendetene un paio, munitevi di forchettina e tovagliolo di carta e piazzatevi sul divano a vedere un bel film.

mercoledì 10 febbraio 2010

Crostata coccolosa dell'infanzia - riso, mele e vaniglia, con un goccio di rum



Quando ho visto questa torta da Jul, ho sentito un'ondata di nostalgia che nemmeno mi apparteneva pervadermi. Me la vedo, nonna Menna, a cuocere il riso finché non assorbe il latte, a stendere la pasta frolla che odora di buono con un mattarello di legno, tra sbuffi di farina. Me la vedo montare gli albumi a mano, perché mica c'erano le fruste elettriche (almeno, così me la immagino :P poi è probabile che, poveretta, quando la fa per i suoi nipoti si avvalga di un mixer per montare gli albumi).



Io non ho mai avuto una nonna che mi cucinasse le torte. Mia nonna ha sempre odiato cucinare. Come mia mamma, d'altronde. Mia nonna odiava soprattutto i dolci (ora che è molto anziana è diventata invece molto licca - golosa - ma questa è un'altra storia).
Gli unici dolci che io ricordi che ci preparasse sono: il cicci (un delizioso budino di latte morbido e setoso) e il frullato.
Era un frullato buonissimo, eh. Tante banane e pezzettoni di cioccolato al latte (ci piaceva di più del fondente, come a quasi tutti i ragazzini). I pezzi di cioccolato cercava di tenerli il più grande possibili, a volte dalle dimensioni mastodontiche di 2x2 cm. e li metteva nel mio bicchiere, perché io ero la più piccola.
E' un ricordo dolcissimo e molto bello, ma comunque non è una torta: non si può negare che una torta di nonna abbia un sapore inimitabile.
Appena l'ho vista, quindi, ho deciso che dovevo farla. Ma non riprodurla pedissequamente, bensì interpretarla, farla mia, secondo i miei gusti e le mie inclinazioni. Immaginando di farla, tra cinquant'anni, ai miei nipoti. La torta di nonna Marina... Ahahah. :)
La crema di riso era molto buona, ho fatto la dose intera, metà l'ho usata nella torta e metà l'ho cotta in bicchierini, dentro i quali ho messo anche un paio di fettine di mela.
La frolla l'ho impastata col rum (forse un po' troppo rum, ma oh, mme piasce!), e ho fatto, sotto il ripieno di riso, uno strato di composta di mela. SQUISITA. Vi giuro, solo mele, zucchero, vaniglia e un goccio di rum, ma non riuiscivo a smettere di infilarci il cucchiaio mentre la stendevo sulla frolla. Veramente coccolosa e leggerissima. Ne mangerei chili!
Ok, so cosa state pensando, forse tutto 'sto rum non è proprio adatto ad infanti (poveri i miei futuri nipotini!), anche se io non lo sentivo molto. I miei invece l'hanno avvertito. Va a gusti.



CROSTATA DELL'INFANZIA COCCOLOSA (per una crostata di circa 28-30 cm. di diametro)

FROLLA AL RUM (avanza della pasta)

300 g farina 00
90 g zucchero semolato
130 g burro
1 uovo
1 pizzico di sale
rum (circa 2 dita di bicchiere)
1 cucchiaino estratto naturale di vaniglia

Versare burro freddo a pezzetti sulla farina mescolata con lo zucchero e sfregare. Unire l'uovo, la vaniglia e il sale, poi il rum fino a formare un impasto, senza mescolare troppo.
Coprire con pellicola e refrigerare mentre si prepara il ripieno.


RIPIENO DI RISO

Metà dose di quello di Jul. Prima di unire gli albumi montati, io ho frullato a lungo il composto: lo volevo vellutato e senza pezzetti di riso.
Far freddare.



COMPOSTA DELIZIOSISSIMA (scusate, ma era strepitosa!) DI MELE, RUM E VANIGLIA

3 mele
4 cucchiai zucchero semolato
2 cucchiai e 1/2 di rum
1 cucchiaino e 1/2 di amido
1 pizzico sale
2 cucchiaini estratto naturale di vaniglia

Spezzettare in pezzi piccolissimi le mele sbucciate, unirle a zucchero, rum, amido, sale e vaniglia. Mettere tutto in una padella e cuocere a fuoco lento per circa 10-15 minuti, finché i pezzetti di mela non sono morbidissimi.
A questo punto ho frullato anche questa. Se invece vi vanno bene i pezzettini di mela, lasciate così, è buona comunque.
Aspettare che sia ben fredda.


COMPOSIZIONE

1-2 mele a fettine sottili
zucchero semolato
1 pizzico di sale

Stendere la pasta frolla in una forma per crostata di 28-30 cm.
Mettere in frigo a refrigerare 10-15 minuti.
Stendere la composta sulla base, coprire con la crema di riso.
Disporre le fettine di mela tutte attorno alla torta (io ho usato una mela, ma la prossima volta farei due, per avere un effetto più bello).
Cuocere a 170° per mezz'ora.
Sfornare, scaldare il forno alla massima potenza in funzione grill.
Spolverare la torta con lo zucchero e un pizzichino di sale. Porre nel forno a caramellare lo zucchero, per 5-7 minuti.

I bicchierini invece li ho cotti, sempre a 170°, per 15 minuti. E anche loro poi li ho spolverati di zucchero e sale e messi a caramellare in forno.


venerdì 5 febbraio 2010

Pani sicilianu ca giuggiulena, o mafalde al sesamo


Quando si danno le cose per scontate, spesso non gli si dà nemmeno nome.
Prendiamo il pane che stavo cercando. E' scontato, a Caltagirone, mangiare quelle pagnottone grandi grandi, con la crosta dura e scura, quasi bruciata, e l'interno intensamente profumato, consistente, che lo zio Giacomo taglia sempre con un micro coltellino super affilato (e non si affetta manco una volta le dita... Mentre appena ci provo io, causo un'emorragia irrefrenabile).
Infatti, quel pane non ha nome, si chiama semplicemente "il pane". Mia zia: "Giacomo, vai a cattare il pane".
Questo significa che, cercando disperatamente "pane siciliano", "pane calatino", "pane catanese" su Google, non si troverà questo pane.

Però si trova un altro pane. Che subito ho riconosciuto, dato che è quello che mangiamo sempre a Catania, dallo zio Salvatore. Gli scontati panini dalla mollica morbida in cui poter affondare i denti, con quel gusto super tostato, quasi esagerato, dei semini di sesamo in superficie, ovvero della giuggiulena. E' scontato anche farsene fuori tre pezzi a testa prima di finire la pastasciutta.
Credo di poter affermare senza dubbio alcuno che questo è il pane migliore del mondo. Se la gioca parecchio con le pagnottone crosta-dura (le chiameremo così, ok?), quando sono ancora tiepide e la mollica spugnosa, ricca di piccoli alveoli, profuma di grano duro. Ma, sinceramente, sono più tipa da panini; forma giocosa, crosta morbida, sesamini che schizzano dappertutto, mollica sofficissima.

Le mafalde, le chiama Google, anche se questo nome mi giunge nuovo. E quando ho mostrato la foto ai miei genitori e ai miei zii, neanche loro ricordavano di aver mai chiamato questo pane "mafalda". La mafalda per loro è solo la forma, questo serpentello arrotolato con la parte finale che sale verticalmente (ah, insomma, questo qui).
Per la mia famiglia questo pane non ha nome, al massimo sono "i panini".

Ma, quando si vive al nord circondati da milioni di tipi di pane, e non da due come in Sicilia, si sente il bisogno ossessivo di catalogare, differenziare, titolare.
Tanto ho chiesto e tanto ho rotto a zii (quassù in visita) e genitori, che alla fine sono giunta a dire: "Ok, non vi ricordate come si chiama..." Proteste dalla famiglia: "Non è che non ci ricordiamo, è che si dice solo lu pani, e basta!" "...sì, ok, come dite voi. Ma almeno, come si dice sesamo, in calatino [ovvero "caltagironese", n.d.a.]? Cimino?" (avevo letto in una ricetta di mafalde che possono essere chiamate anche "pane 'nciminato") Lunga riflessione. Cenni di diniego. Borbottii. Alla fine a mio papà, residente in Veneto da trentadue anni, si illuminano gli occhi: "Giuggiulena!" Mi entusiasmo anch'io: "Allora questo pane lo chiamavate pani ca giuggiulena!!" Lui: "Be', no, pani e basta, però, volendo, si può dire pani ca giuggiulena..." "Evvai! Grazie! Pani ca giuggiulena! Pani ca giuggiulena!" ...e me ne vado dalla stanza salterellando.

Insomma, avrete capito che, per il momento, ho lasciato perdere la ricerca del pane crosta-dura per concentrarmi sul pane con la giuggiulena.
Il risultato? Ero piuttosto agitata, come fosse un esame. Dopotutto è il pane delle mie estati d'infanzia, un sapore che sarebbe stato quasi un sacrilegio rovinare con tentativi di riproduzione goffi.
Una volta cotto, la sera ne ho portato una pagnotta alla cena di tutta la famiglia (al ristorante, tra l'altro... Molto gentili a non arrabbiarsi vedendo che tiravamo fuori dalle borse pane e pure crostata! Anzi, le cameriere poi hanno pure voluto le fette di torta avanzata, hehehheheh :) ).
Solennemente, ho spezzato il panino (!!!) e l'ho girato per il tavolo. Il primo pezzo a mia zia, che non ha mai peli sulla lingua. Primo commento: "Be', con la forma ci siamo..." Poi assaggia: "Buono". Quanto sono felice! Solo quella parola mi basta. "Wow, ma allora sa... sa proprio come quello siciliano?" "Sì. Sì. Ottimo. Brava".
...E lo dice una calatina doc. Fidatevi... Provatelo. :D

La ricetta è delle sorelle Simili, ho solo aumentato la dose di semola di grano duro (diminuendo quella di farina 00, of course) e allungato i tempi di lievitazione per avere dei panini più morbidi.



PANI CA GIUGGIULENA (per 8 panini)

525 g semola di grano duro
100 g farina 00
375 g acqua
25 g lievito di birra fresco
12,5 g sale
12,5 g olio extra vergine d'oliva
12,5 g malto (io miele)
semi di sesamo tostati

Impastare bene le farine e l'acqua (tiepida, in cui si saranno fatti sciogliere il lievito e il miele).
Quando l'impasto è soffice (circa un quarto d'ora), aggiungere il sale e infine l'olio.
Continuare a impastare finché l'impasto non è molto liscio e morbido, bello elastico e senza pieghe (ha una consistenza bellissima!)
Mettere la palla ottenuta in una ciotola capiente (leggermente oliata), coprire con un canovaccio e poi con una (io faccio due) coperte e lasciar lievitare un'ora e mezza, fino al raddoppio.
Prendere la pasta, dividerla in due e con delicatezza strofinare tra le mani a formare un serpentone lungo e molto stretto. Dividerlo in quattro parti uguali e formare le mafalde come illustrato qui. Io ho fatto i panini anche a forma di S, o a ferro di cavallo, o semplicemente attorcigliati.
Fare lo stesso con l'altra metà dell'impasto.
In una ciotolina mettere dell'acqua, in un vassoietto versare i semi di sesamo (tostati! Se no non sarà la stessa cosa). Con un pennello da cucina grosso spennellare d'acqua i panini, poi prenderli in mano e passare la superficie sui semi di sesamo nel vassoio, così resteranno attaccati.
Cospargere di farina la teglia del forno su cui poi cuoceremo il pane e poggiarci i panini ca giuggiulena.
Coprire con un canovaccio (e io ancora con una coperta... Qui c'è un freddo, in questi giorni!) e lasciar lievitare un'altra ora - ora e mezza.
Un po' prima della fine della lievitazione, accendere il forno statico a 210°.
Quando è in temperatura, infornare i panini (dovrebbero starci giusti giusti in una teglia) e cuocere per 15 minuti.
Abbassare a 190° e cuocere per altri 10 minuti (io 15: devono essere piacevolmente dorati in superficie).
Buonissimi mangiati tiepidi, ma comunque si mantengono morbidi per un paio di giorni! Se si usasse la pasta madre, di sicuro camperebbero almeno 5 giorni. :D

Buona panificazione!!